giu 12, 2018 Francesco Mazzarella Home Page, Vaticano 0
In occasione del concerto “La sofferenza degli innocenti” – opera composta da Kiko Arguello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale - presso la Filarmonica di Berlino per il 40° anniversario della presenza del Cammino nella città tedesca, il Santo Padre non ha voluto far mancare la sua vicinanza all’evento ed ha inviato, nella giornata di domenica 10 giugno, un messaggio a firma del cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.
E’ stata l’occasione per Papa Francesco per felicitarsi per l’esecuzione dell’opera che, «radicata nella tradizione e ispirata alle lamentazioni bibliche», «commemora le tante vittime della Shoah». Essa, afferma il Pontefice, è «un monito costante per tutti noi ad un impegno di riconciliazione, di reciproca comprensione e di amore nei confronti dei “fratelli maggiori”, gli ebrei, e al contempo ad una vita dedita a favore dei sofferenti, degli indigenti e di tutti coloro che dal profondo anelano alla salvezza». Il Papa, si legge nel testo, «si unisce a questo intento e invoca di cuore su tutti i presenti la benedizione di Dio misericordioso».
L’opera, ispirata al grido di dolore di milioni di madri che hanno visto morire i loro bambini, anche piccolissimi, nell’abisso dei campi di concentramento nazisti, è un grido accomunato idealmente a quello della Vergine Maria che assiste alla morte del proprio Figlio appeso ad una croce, “La Sofferenza degli Innocenti” ha rappresentato finora un ponte di dialogo tra ebrei e cristiani. Una «rivoluzione nella relazione fra i cristiani e il popolo di Israele» l’ha definita il rabbino David Rosen, direttore degli Affari Interreligiosi dell’American Jewish Committee, che ha potuto assistervi in diverse occasioni
Durante gli ultimi anni, il legame che intercorre tra il Cammino Neocatecumenale, percorso di riscoperta della fede cristiano-cattolica, ed il mondo ebraico va sempre più rinsaldandosi. Partendo dalla comune radice biblica, in un Occidente che sembra aver perso di vista le origini giudaico-cristiane della propria civiltà bimillenaria, la comunione spirituale diventa un punto di ripartenza per stringere un’autentica alleanza valoriale che rinvigorisca il comune cammino verso una più autentica difesa della persona umana secondo il disegno originario di Dio.
Proprio una rinnovata alleanza valoriale tra il cristianesimo e l’ebraismo -partendo dalle comuni radici bibliche e dalla medesima radice spirituale e culturale su cui è stata costruita l’Europa – può divenire un argine culturale contro il relativismo etico dell’ultimo decennio e, per un altro verso, una risposta ad un processo di islamizzazione che avanza soprattutto in quelle Nazioni che, di fatto, si sono allontanate dalle comuni radici giudaico-cristiane lasciando il passo ad una “nuova cultura dominante”. Anche di fronte alle contaminazioni inevitabili, una rinnovata identità europea dettata dall’incontro tra il Cristianesimo e l’Ebraismo può fungere da chiave ermeneutica per difendere la sacralità della vita di fronte a rischiose semplificazioni lesive della dignità di ogni persona.
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