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MIA@SAS gara 5: San Antonio campione, Miami Heat spazzati via. All’AT&T Center finisce 87-104 e la serie si chiude sul 4-1. Festa grande per Marco Belinelli, primo italiano a vincere il titolo Nba. Leonard Mvp delle finali.

giu 16, 2014 Claudio Pellecchia Sport USA 0


I San Antonio Spurs, campioni Nba 2014 (fonte foto: bleacherreport.com)

Roma. ‹‹Finirà stasera››. Come il Neo Anderson di “Matrix Revolution” i San Antonio Spurs hanno dato uno sguardo al proprio futuro e hanno deciso di chiudere ogni discorso subito. Animati dal più spietato dei “killer instinct”, i ragazzi di coach Popovich non hanno lasciato una sola possibilità agli Heat nella notte dell’AT&T Center. Tutti hanno messo il proprio mattoncino nella serata della storia, nessuno escluso. E anche Marco Belinelli, 4 punti 2 rimbalzi e 1 assist in 8 minuti di gioco, potrà giustamente fregiarsi, un domani, di aver fatto parte di una delle più grandi squadre di sempre. L’anello è solo la logica conseguenza di quello che i nero argento hanno mostrato e dimostrato sul parquet in questa lunga, memorabile, stagione.

Lo “Starting five” degli Heat cambia rispetto alle previsioni: fuori il deludente Mario Chalmers, dentro Walter Ray Allen. Wade sembra il più carico di tutti nel riscaldamento e anche la faccia di LeBron è quella di chi sembra voler spaccare il mondo. Duncan mantiene quella che, da vent’anni, è la solita espressione imperturbabile e, senza proferire verbo (come consuetudine), lancia un messaggio ai suoi: stasera si vince.

Kawhi Leonard, nominato “Mvp” delle Finals (fonte foto: bleacherreport.com)

Il primo quarto si apre con un terribile 8-0 Heat, con 6 punti di James. Al primo time out dopo poco più di tre minuti, gli Spurs sono ancora senza punti a referto. A metà periodo la situazione non è poi migliorata di molto: 19-5, con 11 di James. A suonare la carica, allora, ci pensa Manu Ginobili da Bahia Blanca: 6 punti in fila e -10. E’ l’inizio di una rimonta che porterà fino al 29-22 della prima sirena, con James autore di 12 minuti da dominatore: 17 punti con 5/6, 2/2 da 3, 5/5 liberi, 6 rimbalzi e 1 assist (miglior primo quarto in carriera nelle Finals). Gli Spurs faticano con Parker e Duncan mentre con Ginobili appare quello più pronto alla battaglia. Insolite percentuali però: 6/21 (28.5%) dal campo e 4/10 da 3 (40%). 8 di Leo. Mentalmente aggressivi e più presenti anche a rimbalzo (14-10) gli Heat. Chalmers ancora out e praticamente tagliato fuori dalla rotazioni di coach Spo, mentre Wade fa ancora tanta fatica. Nel secondo quarto la furia del numero 6 pare placarsi, non foss’altro perché necessiterebbe di una qualche forma di collaborazione: Bosh e Wade ci provano anche, ma Kawhi Leonard ritorna l’incubo della difesa di Miami e gli Spurs rimontano. Entra anche Marco Belinelli che, dopo un fallo, si iscrive alla partita con una bella finta, palleggio, arresto e tiro. Il “miss match” Haslem – Duncan mette in ritmo il caraibico: troppo facile, con la differenza tra i due che si manifesta ad ogni singola giocata in post. L’AT&T diventa una bolgia sul vantaggio di Leonard (tripla in contropiede) ed esplode sulla pazzesca schiacciata di Ginobili, che prende la Delorean e ritorna ai tempi della serie contro i Pistons. Per non farsi mancare niente, poi, aggiunge la tripla in “step-back” che vale il +8 (37-45). Si arriva alla sirena di metà gara sul 40-47 e con la sensazione che gli Spurs si siano ricordati di essere gli Spurs e con gli Heat che somigliano pericolosamente a quelli stanchi e confusi di gara 4. Quarto statisticamente eccellente: 11/22 dal campo (50%), riequilibrata la lotta a rimbalzo e un parziale di 8-22. Manu trascinatore assoluto con 14 punti, emulato da Leonard con 15. James, che da solo fattura praticamente la metà del pil offensivo dei suoi, è fermo a quota 20 e 8, Wade 8.

Marco Belinelli alle prese con Wade: è il primo italiano a vincere un titolo Nba (fonte foto: bleacherreport.com)

L’apertura del terzo periodo conferma le sensazioni avute poco prima del rientro negli spogliatoi: gli Heat sono in rottura prolungata, mentre i padroni di casa toccano il +14 grazie al “solito” Patty Mills. Sembra ormai impossibile recuperare, anche perché Leonard continua a dimostrarsi non marcabile. A 5:01 dall’ultimo intervallo, con la tripla di Ginobili è 44-65. Spoelstra si gioca il tutto per tutto e mette dentro Chalmers e Beasley dentro. Ma a canestro ci vanno sempre e solo gli altri: 18-30 nel terzo quarto, per i soli parziali, 58-77 all’ultimo mini intervallo. Mills devastante con 17 punti (5/8 da tre), Leonard a quota 20 e 9 rimbalzi, Ginobili è a 19. James 27 punti e tanta solitudine, come ai tempi bui di Cleveland. L’ultimo quarto diventa, così, una pura formalità, un lento trascinarsi verso un epilogo già scritto. Ci sarebbe, invero, un timido tentativo di rientro ad opera dei due subentrati, ma a quel punto non ci crede più nessuno.

Ci crede, ci ha sempre creduto, invece, un ragazzo che sette anni fa entrò nella lega più bella del mondo dalla porta di servizio ed ora si ritrova a guardare tutti dall’alto in basso. Da San Giovanni in Persiceto a San Antonio Texas la strada è lunga. Ma adesso c’è anche un anello di campione a testimoniare che, da lassù, la vista è davvero bellissima. Game, set, match and ring: vincono i San Antonio Spurs 104-87. Giusto così, così come l’Mvp a Leonard: la dimostrazione che si può dominare il  mondo anche a 22 anni, con la vita che ti restituisce in un colpo solo quello che ti aveva inizialmente tolto, non necessariamente su un campo da basket. Ora, però, è tempo di festeggiare. Anche qui da noi: un pezzo di questo titolo, in fondo, è anche nostro.

Miami Heat: James 31 (10 rimb.), Lewis 3, Bosh 13, Wade 11, Allen 5, Cole e Haslem 2, Beasley 9, Chalmers 8, Douglas 3.

San Antonio Spurs: Leonard 22 (10 rimb.), Duncan 14, Diaw 5, Parker 16, Ginobili 19, Splitter 3, Mills 17, Belinelli 4, Ayres e Baynes 2.

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Claudio Pellecchia

Nasce a Napoli il 07/09/1987. Già collaboratore/redattore per il "Roma", "Il Mattino" e toniiavarone.it, nonostante la laurea in Giurisprudenza ha deciso comunque di intraprendere l'avventura rischiosa e affascinante del giornalismo. Pubblicista dal 2013, ama lo sport e le storie che vi ruotano attorno. Occuparsi di Nba non è un lavoro, ma un piacere.

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